Il progetto nasceva per rispondere all’esigenza di superare il limite delle analisi in laboratorio, ovvero per ricercare nuovi metodi, derivati sì dagli attuali, ma più semplici, così da essere sempre validi anche con matrici composte da diversi inquinanti sinergici, per abbassare i tempi di analisi, per ricercare quei parametri che consentissero un primo livello di automatizzazione e quindi la parziale assenza dell’uomo.
Da ciò si sviluppò una idea congiunta tra Shoreline e Nuvon Italia con lo scopo proprio di unire due know how diversi, ma complementari nel perseguire una finalità comune: la realizzazione di soluzioni per il monitoraggio in modo automatico e continuo (non a lettura puntuale) della qualità delle acque.
Obiettivo generale
Proprio in relazione alle finalità e gli approcci espressi, il progetto per Shoreline, esperta nel bioassay (saggi biologici con micro-specie bioindicatrici, biomarker in animali o protozoi acquatici, misure indirette degli effetti del bioaccumulo sulla fisiologia e/o il metabolismo di organismi vegetali), aveva come logico obiettivo generale quello di “trasferire” le capacità di laboratorio in campo ecotossicologico a sistemi di rilevazione autonomi e veloci, basati su misure dirette o indirette degli effetti sui sistemi vitali, abbinando tecniche di polimerizzazione nano-ingegnerizzate e testando anche la possibile applicazione in situ con dei mesocosmi che riproducessero le condizioni da campo. Così Shoreline dichiarava nella sua proposta progettuale e questo è stato il filo conduttore nella gestione di questo progetto, effettuando la ricerca per un primo sviluppo di precursori per nuovi biosensori, da utilizzarsi nel monitoraggio delle acque, in particolare quelle reflue.